Ale Guzzetti: quarant’anni di carriera tra arte interattiva e robotica.

di Jacopo Maltese
Visual Cultures e Pratiche Curatoriali, Accademia di Belle Arti di Brera, Milano

La mostra Hopeful Monsters. Sculture sonore 1982 – 2022 racchiude quarant’anni di ricerca di Ale Guzzetti nell’ambito dell’arte interattiva. L’esposizione, pensata come una panoramica sulla carriera dell’artista lombardo, vuole mettere in luce le specifiche peculiarità del suo lavoro, ossia il rapporto costante tra opera e pubblico, tra arte e tecnologia, tra visivo e uditivo. Un progetto, questo, che cerca di far conoscere quelle che sono le tematiche che da sempre animano la sua produzione e di cui è abile interprete.

A partire dagli inizi degli anni Ottanta nascono le prime Electronic Pictures (1982), opere che, come le Ricerche di semiografie musicali (1985 – 1987), derivano dall’interesse nutrito nei confronti del suono, del suo propagarsi nello spazio e del suo divenire immagine tangibile. Le sperimentazioni degli anni Ottanta portano, dunque, Ale Guzzetti alla realizzazione di opere che indagano il rapporto tra suono e immagine. Se in Electronic Pictures quelle che apparentemente sembrano forme astratte sono invece dispositivi in grado di riprodurre rumori, le semiografie, d’altro canto, rappresentano partiture di motivi musicali processati precedentemente da un elaboratore.

Coeve, le sculture sonore Observing Objects: Majorino Poetry (1988) e Imaginary Playmate (1989) dialogano con l’ambiente esterno, in particolare con il pubblico. Le opere sono realizzate attraverso l’impiego di oggetti di uso comune, come bottiglie, boe e tubi, elementi che non hanno nessun nesso logico fra loro ma che unite a strutture elettroniche e dispositivi luminosi danno vita a opere d’arte interattive. La particolarità di questi lavori è, come più volte sottolineato, la relazione che riescono a instaurare con lo spettatore. Infatti, in risposta alle sollecitazioni che provengono dal mondo esterno, queste sculture, emettono suoni e producono luci. Lo spettatore manipolandole direttamente può modificarne l’intensità luminosa, il volume ed il timbro del suono. Viene definitivamente abbattuta la distinzione tra opera d’arte e pubblico. La scultura non è più un oggetto passivo, posto su un piedistallo per essere osservato ma diviene un agente attivo, possiede una propria agency, in grado di agire con una propria autonomia se sollecitato dallo spettatore. L’interazione costante fa vivere le opere; lo stesso artista, moderno Dedalo, crea sculture ed installazioni che hanno una loro autonomia, una propria vita ed una loro memoria. Ale Guzzetti da loro voce come in un mito greco, svelando l’anima delle cose che ci circondano e con cui noi creiamo un rapporto di simbiotica convivenza.

Il tentativo di creare opere d’arte autonome in grado di emettere suoni e muoversi, infatti, è un tema che affonda le proprie radici nel mito greco. Al pari di Efesto, il dio forgiatore, Dedalo ha saputo costruire opere ormai entrate nell’immaginario collettivo. L’inventore ateniese, dotato di una grande intelligenza, avrebbe realizzato innumerevoli creazioni celebri, di cui gli automi, ossia sculture in grado di muoversi in autonomia e a volte, come riportato da alcuni commentatori dell’epoca, parlare, ne sono l’emblema. Dedalo non è che una figura iniziale di un processo che, partendo dal mito e giungendo fino ai giorni nostri, vede la figura dell’artista accostarsi a quella del “mago”: l’artista diviene colui in grado di plasmare una nuova realtà, una nuova vita. L’opera d’arte non è più mera copia del mondo ma assume una propria libertà d’azione divenendo capace di relazionarsi e rapportarsi con gli uomini. La ricerca di Guzzetti si inserisce, dunque, all’interno di una lunga storia di sperimentazioni che vede coinvolti i principali protagonisti del panorama artistico internazionale e che a partire dal secondo dopoguerra, grazie ad artisti come Allan Kaprow (1927 – 2006), aprirono a tutti gli effetti un nuovo modo di concepire l’arte.

L’interesse dimostrato nei confronti del suono e del rapporto tra opera e pubblico sarà un elemento costante presente anche in opere più recenti. 50 voices choirs (2020), ad esempio, è composta esclusivamente da un coro di 50 elementi anatomici (bocche ed orecchie) che, attivato dalla presenza del pubblico, riproduce motivi sonori. Il risultato genera una serie di suoni che pervadono la stanza e che si uniscono al brusio generato dal pubblico e ai rumori provenienti dalle altre installazioni, dando vita ad un’interazione sempre più complessa ed interconnessa.

Le opere di Ale Guzzetti non ricercano una relazione esclusivamente con il pubblico ma anche con i grandi maestri del passato e con la loro arte. Interviste impossibili (2021) è un’opera in cui i volti grotteschi ed espressivi, tipici della produzione dello scultore Franz Xaver Messerschmidt (1736 – 1783), realizzati con l’ausilio di una stampante 3D, dialogano con tre autoritratti in cui Guzzetti si ritrae in chiave fantasy, appropriandosi dei codici stilistici dell’artista tedesco. Il risultato finale è un gruppo di sei opere che dialogano fra loro in cui, ancora una volta, viene indagato il tema del confronto reciproco.

Dal Settecento si passa al XX secolo con l’opera Vampiri del ‘900 (Picasso, Dalì, Warhol e Beuys), realizzata nel 2020. Le sculture raffigurano i volti di quattro figure emblematiche che hanno catalizzato con la propria arte e con la propria personalità il secolo scorso. Pablo Picasso (1881 – 1973), tra i protagonisti assoluti dell’arte del Novecento, rappresenta uno snodo cruciale tra la tradizione ottocentesca e l’arte contemporanea; Salvador Dalì (1904 – 1989), pittore catalano emblema del surrealismo e del ruolo che l’artista occupa all’interno della società; Andy Warhol (1928 – 1987), personalità ossessiva ed eccentrica, esponente di spicco della Pop Art americana, ed infine Joseph Beuys (1921 – 1986) artista tedesco di fama mondiale che attraverso le sue azioni concepì l’arte come un processo magico-rituale, un atto liberatorio. I loro volti, contraddistinti da elementi “iconici”, sono collocati su delle grosse mani dando vita a creature mostruose. Completa il tutto un file audio che riproduce le voci originali dei quattro artisti a cui è associato.

La mostra, allestita presso la galleria d’arte contemporanea Il Chiostro, termina con due lavori rappresentativi dell’intera produzione di Ale Guzzetti: la serie dei Vetri Parlanti (1996 – 2017) e il Techno Garden Project.
La prima è composta da opere concepite a partire dagli anni Novanta in cui sculture in vetro soffiato accolgono al proprio interno circuiti elettronici capaci di ascoltare e di rielaborare i suoni circostanti, di vedere e riprodurre le immagini degli spettatori attraverso micro-telecamere ed emettere segnali luminosi in relazione agli stimoli provenienti dagli ambienta esterni. Nate dalla fruttuosa collaborazione con il maestro Massimo Lunardon, artista specializzato nella lavorazione del vetro, le opere vengono concepite come strutture “ibride” in grado di unire un materiale nobile, quale è il vetro, tradizionalmente consacrato al fare artistico con materiali elettronici come circuiti, fili e cavi elettrici. La serie dei Vetri Parlanti mette in scena il binomio arte-tecnologia, nonché manifestano l’interesse più volte enunciato del rapporto tra l’opera e pubblico.
Sulle soglie del nuovo millennio, a partire dal 1999, Ale Guzzetti è impegnato nella realizzazione del Techno Garden Project dove piccole sculture interattive vengono installate all’interno dei giardini più belli del mondo: dalle Isole Galapagos ai giardini zen giapponesi, dalla Tanzania ai giardini galleggianti della Birmania, dal deserto omanita fino all’Uzbekistan. Sono piccoli organismi autonomi, alimentati da pannelli solari, in grado di interagire con l’ambiente circostante, producendo suoni e illuminandosi la notte, in poche parole di fondersi con il paesaggio stesso. Un tutt’uno in cui si assiste alla nascita di nuove prolifiche relazioni di mondi diametralmente opposti: il regno vegetale ed animale ed il regno artificiale. Si vuole andare oltre l’idea di scultura monumentale, attraverso opere di microscultura capaci di offrire una nuova prospettiva con cui osservare il paesaggio. I giardini, da sempre componente essenziale nelle diverse culture, divengono gli scenari in cui queste piccole sculture, frutto delle più avanzate tecnologie, assumono una nuova identità sempre più integrata nella dimensione naturale. La tecnologia non è più uno strumento con cui l’uomo si serve a livello produttivo, ma diventa un essere autonomo guidato da leggi proprie capaci di relazionarsi con l’ambiente, con gli animali, con le piante e con l’uomo.

In conclusione, Hopeful Monsters. Sculture sonore 1982 – 2022 permette di cogliere quelli che sono i nuclei centrali nella poetica di Guzzetti e di come si siano evoluti nel tempo. Dalle Electronic Pictures al Techno Garden Project ogni opera presente in mostra offre differenti spunti di riflessione, che vanno dalla robotica alle arti figurative, dall’ecologia all’antropologia, in grado di indagare lo stato attuale dell’arte.